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Varata la riorganizzazione

 

Oltre alla suddivisione in 14 unità organizzative di vertice a cui fanno capo gli uffici, si prevede che possano nascere anche delle “comunità di pratica”
Le comunità di pratica hanno proprio la funzione di rompere la logica gerarchica e di svolgere concretamente la funzione di raccordo di cui si parlava all’inizio: in sostanza esse devono “costringere” chi lavora allo stesso processo, indipendentemente da uffici e funzioni, a mettersi in relazione. E’ un aspetto innovativo, che parte dall’ipotesi che le buone idee e le buone pratiche non risiedono solo in chi dirige la struttura. Occorre creare un sistema che sia in grado di cogliere le best practices e di disseminarle. Le comunità di pratica saranno definite organizzativamente con un successivo atto, per declinare le principali materie su cui saranno promosse. Lo scopo, insomma, è quello di portare contributi e trovare soluzioni ai problemi quotidiani, che spesso si presentano improvvisamente. Didattica, ricerca, contabilità, attività contrattuale sono i primi ambiti in cui potrebbero costituirsi le comunità di pratica, a cui chiunque potrà iscriversi rispettando l’obbligo di riunirsi con periodicità prestabilita.

Nelle premesse del decreto si fa riferimento alla necessità di favorire soluzioni operative nuove che mettano le strutture decentrate e quelle centrali in relazione stabile…
Questa organizzazione ha preso forma soprattutto ascoltando i diretti interessati, in termini generali è stata dettata dalla stessa realtà universitaria fiorentina. E’ emersa un’indicazione pressoché unanime, superare l’organizzazione per poli. I poli si presentavano, infatti, come la somma di quattro realtà apparentemente autosufficienti con processi, però, replicati quattro volte. Si avvertiva, a seconda delle materie trattate, una sensibile “differenza di velocità” tra l’uno e l’altro. Abbiamo scelto di concentrarci sul core business dell’Università – la didattica e la ricerca – per evidenziare i processi fondamentali, riunificando le materie sotto un’unica direzione. Ci aspettiamo, così, che le buone pratiche si diffondano uniformemente. Nel disegno della nuova organizzazione rimane un’area di servizi di polo, nell’ottica di assicurare anche per il futuro servizi generali, trasversali alle strutture didattiche e di ricerca, in un’ottica di supporto e non di contrapposizione con le nascenti nuove strutture previste dalla riforma.

In questo momento l’Ateneo è impegnato nell’attuazione della riforma, con l’approvazione definitiva dello Statuto e la definizione dei nuovi dipartimenti. Come si inserisce questa riorganizzazione nella fisionomia che l’Università di Firenze andrà ad assumere?
E’ proprio in riferimento a tale quadro che è stato intrapreso un percorso di forte rinnovamento della tecno-struttura di supporto che fa capo alla direzione amministrativa. La necessità di rivedere i modelli organizzativi e i meccanismi operativi hanno portato, perciò, ad individuare un unico “macro” obiettivo per l’apparato tecnico amministrativo, nel biennio 2012-2013. In sintesi gli obiettivi del progetto sono ridisegnare le strutture amministrative centrali – come si è già cominciato, appunto –, definire regole, standard e linee guida da applicare a tutto l’ateneo; quindi individuare soluzioni organizzative per le strutture decentrate, alla luce del superamento dei poli; perseguire una logica di processo; attivare meccanismi di formazione on the job per accompagnare il cambiamento organizzativo e migliorare gli standard di servizio.(am)

Per approfondimenti Piano Obiettivi 2012-2013

 

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