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Identificata nuova mutazione genica in tumori del sangue, studio UniFi sul New England Journal

Il gruppo diretto da Alessandro Maria Vannucchi, del Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica dell’Università di Firenze e Dipartimento di Oncologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi, ha contribuito ad una scoperta molto importante per i pazienti affetti da malattie mieloproliferative. Insieme a ricercatori dell’Università di Cambridge Vannucchi e i suoi collaboratori hanno identificato una mutazione nel gene della calreticulina (CALR) nella maggior parte dei pazienti affetti da due neoplasie mieloproliferative, la trombocitemia e la mielofibrosi primaria, che risultavano negative alla già nota e più comune mutazione del gene JAK2.

il gruppo ricerca di Alessandro Maria Vannucchi

Il gruppo di ricerca di Alessandro Maria Vannucchi

Le neoplasie mieloproliferative croniche sono una famiglia di tumori del sangue che originano dalla cellula staminale del midollo osseo e comprendono malattie diverse quali la policitemia vera, la trombocitemia e la mielofibrosi primaria. Sono forme relativamente frequenti, le quali incidono negativamente sulla qualità della vita e possono causarne un accorciamento, particolarmente nella mielofibrosi.

Da tre anni è attivo in Italia un gruppo di ricerca, denominato AGIMM (AIRC-Gruppo Italiano Malattie Mieloproliferative Croniche; http://progettoagimm.it) comprendente sette unità cliniche e di laboratorio, finanziato con uno speciale progetto “5 per mille” della Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro, che è coordinato da Alessandro Maria Vannucchi. AGIMM ha lo scopo di identificare nuovi meccanismi molecolari responsabili di questi tumori del sangue per migliorarne la comprensione, rendere più facile la diagnosi, migliorare la definizione della prognosi e sviluppare terapie innovative. E’ emblematico che allo stesso risultato siano congiuntamente pervenuti ricercatori dell’Università di Pavia, coordinati da Mario Cazzola che è responsabile di una delle unità AGIMM, in collaborazione con colleghi dell’Accademia delle Scienze di Vienna

I risultati dei due studi sono pubblicati congiuntamente sul sito della prestigiosa rivista New England Journal of Medicine il 10 dicembre (DOI: 10.1056/NEJMoa1312542), in coincidenza con la presentazione dei dati al Congresso Annuale della Società Americana di Ematologia (ASH), a New Orleans.

La scoperta ha immediate ricadute per i pazienti, oltre ad aprire nuovi orizzonti per la comprensione dei meccanismi con i quali il gene CALR mutato determina un tumore mieloproliferativo. Il primo risultato, già da oggi trasferibile nella pratica clinica, è il miglioramento della possibilità di effettuare una diagnosi più precisa per i pazienti nei quali è assente la mutazione di JAK2. Una maggiore precisione della diagnosi potrà poi tradursi anche in una previsione più accurata della prognosi e in una scelta più avveduta delle terapie più adatte. Infine la proteina CALR mutata potrebbe rappresentare un nuovo bersaglio terapeutico per farmaci molecolari. (am)
 
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