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Neurofarba, giovani studiosi illustrano i risultati delle loro ricerche

Hanno tra i 30 e i 36 anni i cinque ricercatori che parteciperanno al Forum di Neurofarba (Neuroscienze, Psicologia, Area del Farmaco e della Salute del Bambino) in programma mercoledì 4 dicembre al Meyer (Aula magna, via Pieraccini, 24 – ore 13.30). L’appuntamento rivolto a dottorandi, assegnisti è volto ad aprire il confronto e a favorire potenziali collaborazioni. Sulle singole ricerche abbiamo fatto il punto con i diretti interessati.

 

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E' molto diffusa in Sudamerica, ma sta prendendo piede anche nel mercato europeo. La patata a polpa viola è stata l'oggetto di ricerca di Maria Bellumori, 31 anni fiorentina, dottoranda di Farmaceutica e Nutraceutica. Questa varietà di tubero, grazie a un elevato contenuto di pigmenti idrosolubili (detti antociani) e di acidi fenolici (entrambi composti presenti anche nel vino),  mostra una notevole attività antiossidante. "Studi recenti spiegano che queste patate agiscono come ipotensivi e riducono il rischio di malattie cardiache e ictus in soggetti ipertesi, oltre ad avere importanti proprietà antibatteriche e antinfiammatorie -- spiega la ricercatrice -- rappresentano quindi una  potenziale fonte di molecole bioattive con importanti proprietà per la salute". L'attenzione della ricerca ha riguardato la concentrazione di queste molecole in diverse varietà di patata prima e dopo cottura. "Quel che abbiamo osservato è che anche dopo cottura i componenti bioattivi delle patate a polpa colorata restano sostanzialmente inalterati -- conclude la Bellumori -- dunque il loro consumo nella dieta è fortemente raccomandabile".


Elena Bonechi

Di sclerosi multipla e cellule mesenchimali, staminali cioè in grado di riprodursi e di differenziarsi, già usate per la cura di malattie dell’osso quali l’osteogenesi imperfetta, si occupa Elena Bonechi, 30 anni, dottoranda di Neuroscienze, di Figline Valdarno. “E’risaputo che le staminali possano avere effetti anti infiammatori, neuro protettivi e immunosoppressivi – spiega la ricercatrice – ma come queste cellule agiscano è ancora tutto da scoprire”. L’indagine, svolta presso il laboratorio della Dott.ssa Clara Ballerini, si è concentrata sulla forma severa della sclerosi multipla e lo studio di possibili terapie. “Abbiamo isolato cellule mesenchimali da midollo osseo in pazienti affetti dalla patologia e in soggetti sani – prosegue – e abbiamo riscontrato che le cellule reagiscono in maniera diversa, se vengono stimolate da lipopolisaccaride (un antigene che mima l’effetto immunogeno di batteri Gram negativi). Negli individui malati infatti abbiamo osservato una produzione assai maggiore della chemochina IP-10, uno dei fattori solubili che garantisce la comunicazione tra cellule nel sistema immunitario”. Questa scoperta può considerarsi una delle tappe di una ricerca che si prospetta ancora lunga. “Non sappiamo se questo dato sia un marker di malattia o la spia di una condizione infiammatoria presente nei pazienti affetti da questa forma di sclerosi multipla”. E’chiaro però quale sarà lo stadio successivo dell’indagine. “Andremo ad analizzare eventuali cambiamenti epigenetici – conclude Bonechi – e in particolare valutare se le caratteristiche osservate nelle cellule mesenchimali si riscontrano in altre popolazioni cellulari”.

Lorenzo Ferri

Poco conosciuta e probabilmente sottostimata la malattia di Fabry si deve a un errore congenito del metabolismo legato alle mutazioni di un gene (il gene GLA), localizzato sul cromosoma X, che codifica un particolare enzima lisosomiale chiamato alfa-galattosiadasi A. L’assenza di questo enzima comporta, all’interno di organelli cellulari, i lisosomi, l’accumulo di sostanze che dovrebbero essere degradate e che originano così un progressivo danno cellulare a carico di numerosi organi fra cui rene e cuore. “La Terapia Enzimatica Sostitutiva, attualmente utilizzata, presenta alcuni limiti – afferma Lorenzo Ferri, 33 anni, fiorentino, assegnista della sezione Età evolutiva del Dipartimento Neurofarba dell’Università di Firenze, che sta conducendo una ricerca sul tema – per cui si stanno rendendo necessari approcci alternativi e integrativi”. Alcuni di questi sono già a livello di trial clinico. Come spiega Ferri: “E’ il caso dei chaperoni farmacologici, di piccole molecole capaci di interagire con la proteina e correggere le mutazioni conformazionali, causa della malattia,  cioè le mutazioni che alterano la struttura tridimensionale dell’enzima. Presso il “Laboratorio di Diagnostica delle Malattie del Sistema Nervoso e del Metabolismo: Biologia Molecolare e Cellulare” della Clinica di Neurologia Pediatrica del Meyer abbiamo avuto riscontri che confermano l’efficacia di questa terapia emergente anche su mutazioni nuove del gene GLA”. Lo spettro delle mutazioni per quel che concerne la malattia di Fabry è molto ampio. Oltre alla struttura tridimensionale della proteina, le alterazioni possono riguardare l’RNA. “In particolare abbiamo proposto un approccio terapeutico innovativo per le mutazioni di splicing (modifiche, cioè, che alterano il meccanismo per cui i pezzi codificanti del DNA genico vengono copiati a livello di mRNA), – prosegue Ferri – abbiamo realizzato delle molecole antisenso specifiche, delle molecole cioè che sono in grado di interagire con l’RNA alterato e di correggere gli effetti patogenetici, ripristinando i livelli normali di enzima”. Le mutazioni di splicing sono di due tipi. “Al momento la nostra ricerca ha riguardato solo una mutazione identificata in Italia– precisa il ricercatore – adesso ci focalizzeremo  anche sull’altra che è peraltro molto diffusa in alcuni paesi asiatici”.

Fabio Giovannelli

Il rapporto tra neuroscienze e musica con una prospettiva riabilitativa nei pazienti affetti da malattia di Parkinson. E'questo il campo di ricerca su cui sta indagando Fabio Giovannelli, 34 anni, una laurea e un dottorato in psicologia, attualmente borsista per l'Unità operativa di Neurologia presso l'Azienda Sanitaria di Firenze. "Il primo obiettivo -- spiega il ricercatore -- è di individuare le regioni cerebrali implicate nei processi cognitivi che  consentono di sincronizzare i movimenti con uno stimolo ritmico". Il passo successivo è utilizzare una tecnica non invasiva, la stimolazione magnetica transcranica, per stimolare queste regioni cerebrali con l’obiettivo di prolungare gli effetti della riabilitazione classica del cammino. Al momento lo studio è nella fase preliminare e ha interessato soggetti sani. "Adesso dobbiamo continuare la sperimentazione-- spiega Giovannelli - e verificare se, a fronte di uno stimolo ritmico, stimolando un'area cerebrale che si suppone sensibile, migliori la capacità di un individuo sano nel sincronizzare i movimenti". Da questa sperimentazione sarà possibile definire un protocollo. "Solo a quel punto -- conclude lo studioso - potremo testare l'efficacia della ricerca su pazienti affetti da  Parkinson".

 

Gustavo Provensi

Appetito e sazietà sono fattori chiave nel regolare il comportamento alimentare. Alla base ci sono complesse interazioni fra sistemi periferici e cervello. Gustavo Provensi, 31 anni, brasiliano e dottorando di Farmacologia e Tossicologia, ha focalizzato la sua attenzione sull’oleioletanolamide, un componente naturale prodotto dalle cellule dell’intestino dopo un pasto grasso. “Questo fattore – spiega Provensi – attiva localmente dei recettori che attraverso il nervo vago attivano centri cerebrali che determinano la sazietà”. La ricerca di Provensi ha dimostrato che un neurotrasmettitore, l’istamina, svolge un ruolo fondamentale. Proprio il rilascio di questa amina diminuisce l’appetito. I dati di questo studio aprono scenari molto interessanti in termini di ricerca applicata. “Conoscere tutti i meccanismi che regolano l’appetito – prosegue il ricercatore - consente di individuare nuovi bersagli su cui i farmaci possono agire”.  Il tema interessa il fronte dei medicinali anti obesità in quanto gli attuali farmaci sono poco efficaci e presentano svariati effetti collaterali. “Inoltre è risaputo che i farmaci antipsicotici aumentano l’appetito, la regolazione del sistema istaminergico – conclude – potrebbe controbilanciare questo effetto”.

 

(rp)

 
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