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Suggerimenti per la scelta universitaria

Cosa si potrebbe dire a uno studente che è alle prese con questo delicato momento di scelta e di definizione del proprio futuro? Risponde Annamaria Di Fabio docente di Psicologia e consulente scientifico della Commissione per l’orientamento dell’Ateneo.

Una buona scelta universitaria parte da un’attenta analisi della “zona delle forze” e identifica obiettivi in linea con chi siamo davvero, proprio per questo per noi più  realizzabili, in grado di darci maggiore soddisfazione. La zona delle forze è data dai nostri punti forti esterni, visibili anche agli altri (talenti, performance e potenziale di crescita) e interni,  in grado di darci energia e motivazione attraverso i nostri valori più importanti. Si potrebbe dire allo studente, usando un'immagine, di assumere la prospettiva del detective: impegnarsi a fare un lavoro di mappatura alla ricerca degli indizi su se stesso, in maniera sistematica e distaccata, senza affezionarsi a nessuna prima ipotesi.

E in dettaglio che cosa significa?

Si tratta di cominciare rintracciando i propri interessi, facendo attenzione alla differenza tra ciò che siamo abituati a dire che ci interessa e ciò che ci interessa sul serio. Indizi importanti sono presenti nelle attività del nostro tempo libero, come lo trascorriamo, cosa facciamo. Riguardano le eventuali nostre letture, provengono dal genere di film che ci piace, dalla consultazione ripetuta di alcuni siti internet, etc.

Poi si tratta di rintracciare i valori professionali, che esprimono le aspettative, i significati e gli obiettivi che intendiamo realizzare e sottolineano ciò che rende davvero interessante un determinato lavoro. Potremmo allora accorgerci che spesso il significato profondo di un’occupazione che ci attrae molto può esprimersi altrettanto bene anche in un altro tipo di professione. A questo proposito merita soffermarsi a considerare anche la differenza che potrebbe esistere tra i valori professionali che gli altri vorrebbero attribuirci e quelli che in realtà sentiamo appartenerci davvero, perché espressione di noi stessi.

Spesso la scelta universitaria non si fa da soli ma in genere gli adulti (genitori, insegnanti…) tendono a dare dei consigli. Qual è il modo migliore di comportarsi?

E’ importante riflettere su cosa significa davvero aiutare. La psicologia dell’orientamento ha ben chiaro da tempo che non può esserci aiuto efficace senza competenze di ascolto e di osservazione. Ha anche sottolineato come la scelta sia un processo di tipo maturativo. Gli adulti, perciò - resistendo alla tentazione e al “falso aiuto” del fornire soluzioni o consigli – dovrebbero facilitare percorsi di auto-orientamento, perché il ragazzo possa meglio leggere e declinare armonicamente la complessità interna ed esterna. La similitudine con il detective può essere impiegata anche per gli adulti impegnati in processi di aiuto ai più giovani.

In che modo?

Questa prospettiva implica non aver già rintracciato la soluzione di scelta per il ragazzo, non essere preda dei propri progetti da riversare sul ragazzo come soluzioni per lui e la sua vita. Occorre osservarlo, al contrario, con attenzione e sufficiente distacco per rintracciarne interessi reali e inclinazioni, talenti e potenzialità …insomma, va usato un dialogo attivo per comprendere i suoi punti di forza interni, presentargli prospettive alternative che lo spingano a interrogarsi, per confermare o prendere le distanze dalle scelte.

Come si arriva a capire che si è scelto bene?

Potremmo usare tre coordinate di riferimento: l’interesse, la partecipazione e la curiosità. Più dettagliatamente: provo un sincero interesse per le materie che compongono il corso di studi? Posso dimostrare a me stesso questo interesse con attività che realmente ho svolto e che sono in qualche modo collegate a questa area?

Riguardo alla partecipazione: mi piace prendere parte a iniziative collegate a questa area di studio? Mi piace pensare di prendere parte alle lezioni delle varie materie che compongono questo corso di studio? Quali elementi ho per validare la mia reale motivazione a partecipare con entusiasmo?

Infine, riguardo alla curiosità: quanto sono attratto, stimolato e attento quando si parla di argomenti che fanno riferimento a quest’area di studio? Se vedo un programma in televisione sull’argomento quanto mi appassiono? Quanto sono coinvolto da letture, film e racconti di esperienze in questo ambito? Sono attirato, predisposto all’ascolto e vigile quando, per qualsiasi motivo, incontro persone che frequentano questo corso di studi o professionisti che lavorano in questa area?

Queste domande possono aiutarci in maniera semplice a riflettere sulla corrispondenza tra noi e la scelta a livello di motivazione posseduta (am)

 
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