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In cammino nel tempo, immagini di un popolo

Il primo marzo sarà inaugurata presso il Museo di Storia Naturale dell'Università di Firenze (Sezione di Antropologia ed Etnologia) una mostra fotografica di Massimo D'Amato dedicata ai rom kosovari e macedoni nel territorio fiorentino. L'esposizione sarà il filo conduttore di una serie di iniziative e di attività rivolte agli studenti dell'Ateneo e al pubblico cittadino che si snoderanno fino a maggio. A Monica Zavattaro, responsabile della Sezione di Antropologia ed Etnologia del Museo, chiediamo com'è maturata la scelta di incentrare un ciclo di appuntamenti su questo popolo.

Il Museo di Storia Naturale si interessa di antropologia sociale e della presenza di comunità straniere a Firenze. Lo scorso anno ci siamo occupati di misticismo islamico nella comunità senegalese e l'iniziativa, organizzata in collaborazione con il Festival dei Popoli, ha avuto un ottimo riscontro. In continuità con l'anno passato abbiamo focalizzato l'attenzione su una comunità che, rispetto alle altre, ha la particolarità di essere "più straniera delle altre" nonostante sia in Italia da molto più tempo.

Cosa intende con questa espressione?

Le persone che chiamiamo "stranieri" sono in Italia poco più di trent'anni fa e hanno consolidato, in alcuni casi, la loro presenza soltanto all'inizio degli anni 2000. Con modalità diverse molte di esse hanno conosciuto le mille contraddizioni dell'integrazione e dell'assimilazione culturale. Sotto i nostri occhi si è verificata una rivoluzione diventata rapidamente convivenza e quotidianità. I Rom, invece, continuano a incarnare una alterità inaccessibile, ci sembrano più stranieri degli altri anche se la loro presenza nel nostro Paese è accertata fin dal XIV secolo quando, dopo aver attraversato la Grecia e i Balcani, si stabilirono in una zona dell'attuale Molise e in seguito, attraverso un altro flusso migratorio, proveniente dai Balcani e dalla Germania, si stabilirono nelle nostre regioni del nord, dal Friuli al Piemonte, fino alla Francia. Una convivenza che dura da tanti secoli che non ha mai assunto i connotati della accoglienza da parte dei paesi ospitanti e tanto meno ha portato i Rom ad assimilarsi alle culture e ai modi di vita incontrati .

Perché il processo di integrazione con questo popolo stenta a decollare?

I Rom sono ostinatamente erranti, inesorabilmente fatalisti, travolti dal loro inarrestabile girovagare che li rende così "stranieri" ai nostri occhi. Il loro "camminare nel tempo", evocato dalle immagini di Massimo D'Amato, è qualcosa che sfugge alla comprensione del nostro essere stanziale, radicata e sedentaria umanità raccolta intorno ai propri orticelli e campanili. Il popolo che voleva essere libero non si è mai ancorato a un territorio definito, quasi che la vita errante e l'eterno ripartire fossero l'antidoto alla sofferenza di essere oppressi e emarginati da una società che li guarda attraverso le lenti dei peggiori stereotipi. Da quando sono arrivati in Europa hanno subito oppressioni e ingiustizie, schiavitù e genocidio, deportazione e tortura. Benché molti di loro siano nati in Italia e siano cittadini italiani, restano stranieri perché estranei alla nostra concezione di esistenza umana.
Questo perché la cultura rom è ancorata al mondo rurale che oggi è sostanzialmente scomparso. I mestieri che appartenevano a quella realtà - penso per esempio al commercio dei cavalli - di fatto non esistono più. Il risultato è che questa presenza è considerata insidiosa e che le questioni pratiche, istituzionali e politiche non vengono trattate adeguatamente.

Intorno alla diversità si annidano spesso degli stereotipi. E i rom sono un bersaglio frequente di pregiudizi, non è così?

Anche il fatto che siano considerati un popolo senza terra, in un certo senso, riflette uno stereotipo, perché i rom vivevano nell'India nord occidentale lungo le pianure del Gange e lì sono stati a lungo. L'evidenza di questa origine è provata dalla linguistica e da studi di biologia molecolare, in quanto il corredo genetico dei rom è compatibile con quello indiano. È da quei luoghi che la diaspora dei Rom è cominciata, nel quinto secolo dopo Cristo, quando si sono spostati verso ovest, attraversando prima il Medio e il Vicino Oriente e poi l'area balcanica, per propagarsi in tutta Europa. La storia del popolo Rom è quindi una storia di migrazione ma con connotati diversi dalle storie di tanti popoli che lasciano la loro terra in cerca di una vita migliore.

E'possibile immaginare una forma di convivenza migliore di quella attuale?

Il modello culturale Rom sovverte le norme del vivere sedentario e quindi è considerato fastidioso e problematico, eppure il loro modo di essere nel mondo testimonia che l'umanità è ricca della sua diversità, che la pluralità delle culture è l'espressione variata di una unica natura e che le culture, come gli esseri umani, non esistono se non in relazione le une con le altre: non è forse vero che l'esperienza di ciascun popolo, sulla Terra, è portatrice di una lezione universale?
Noi europei sovrastimiamo il nostro modello di vita e la nostra cultura ma, di fronte alle prove del mondo contemporaneo, siamo così certi della sua giustezza e perennità? Saremo abbastanza intelligenti e capaci di riconfigurare i nostri punti di vista, di andare oltre gli stereotipi e l'intolleranza e di camminare sulla via del dialogo interculturale? L'indebolimento delle frontiere nel contesto della globalizzazione farà forse emergere uno spirito nomade anche in noi, nuovo orizzonte delle sperimentazioni culturali contemporanee.

Cosa racconta del mondo dei Rom "In cammino nel tempo", la mostra fotografica di Massimo d'Amato ospitata dal Museo di Storia Naturale?
L'esposizione mette insieme elementi diversi e complementari che rappresentano il mondo dei rom nel territorio fiorentino. Da una parte si sofferma sugli aspetti identitari, particolarmente evidenti nei protagonisti della prima immigrazione, dall'altra focalizza l'attenzione sui momenti di scambio nel mondo della scuola e del lavoro che riguardano, in special modo, le seconde e le terze generazioni. "In cammino nel tempo" documenta la dimensione collettiva interna della comunità Rom e traccia i contorni di questa cultura importata dai luoghi di origine e trasmessa in un contesto nuovo, quello fiorentino appunto. Attraverso le immagini si riesce a far emergere l'insieme di molteplici caratteristiche del popolo Rom, allargando l'analisi agli esempi delle nuove generazioni.

La mostra è una delle iniziative che il Museo di Storia Naturale dell'Università di Firenze dedica ai Rom. Il calendario prevede anche un programma di eventi collaterali molto ricco e articolato. Ce ne può parlare?
Fino a maggio ci saranno incontri, seminari, dibattiti, proiezioni e laboratori sull'antropologia visuale e la convivenza multiculturale che si svolgeranno in collaborazione con le autorità cittadine, la comunità Rom e studiosi dell'Ateneo. Attraverso un palinsesto di iniziative così varie, rivolte a pubblici diversi, puntiamo a sensibilizzare il territorio. La nostra vuol essere un'operazione di mediazione culturale fondata sul presupposto che solo attraverso la conoscenza è possibile abbattere i pregiudizi ed entrare in comunicazione con gli altri. (rp)

 
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