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La prevenzione del bullismo

 

Insulti, derisioni, prevaricazioni, diffamazioni. Sono molto frequenti le storie di bullismo tra giovani e giovanissimi. Teatro di questi episodi sono la scuola e in misura crescente il web. Sempre più spesso però le violenze non sono soltanto verbali. La cronaca nazionale ha portato alla ribalta casi di aggressioni e di pestaggi. Ci sono poi gli strascichi di questi soprusi con esiti devastanti. Il tema nel suo complesso è oggetto di studio da parte di un gruppo di ricercatori dell'Università di Firenze, coordinati dalla professoressa Ersilia Menesini, presidente del corso di laurea magistrale in psicologia, che sta organizzando per il 5 marzo in Ateneo un convegno sulla prevenzione del comportamento aggressivo.

Professoressa, gli adolescenti passano sempre più tempo su Internet e diventano così più facilmente bersaglio di minacce e diffamazioni. Quali sono i rischi legati al cyber bullismo?

Il cyberbullismo è una nuova frontiera, particolarmente inquietante, perché il bullo si può nascondere dietro l'anonimato, non vede le reazioni della vittima e può sentirsi spesso deresponsabilizzato. D'altra parte, la forza mediatica di messaggi scritti, foto o filmati, rispetto a situazioni di interazione sociale ordinaria, ha conseguenze per la vittima particolarmente gravose. Data la presenza pervasiva delle nuove tecnologie, inoltre, questi episodi possono avvenire in ogni momento e in ogni luogo e dar luogo a una tortura continua per i soggetti che vengono bersagliati. Inoltre questi fenomeni non si esauriscono con l'adolescenza: il fenomeno sembra in crescita tra gli studenti universitari e sono numerosi i giovani adulti che nei luoghi di lavoro usano internet per colpire gli altri.

 

Quali sono gli effetti  sulle vittime del bullismo e del cyber bullismo?

Dati scientifici documentano che le conseguenze per il  benessere psicologico e l'adattamento sociale del bambino e dell'adolescente possono essere gravi. Sappiamo che il bullismo risulta associato a comportamenti violenti e delinquenziali, mentre l'essere vittima può comportare una generale sofferenza psicologica e maggiori livelli di depressione e ansia fino alle forme più estreme che possono portare al suicidio, come i recenti fatti di cronaca testimoniano. Anche assistere a questi episodi come semplice spettatore ha un forte impatto negativo sui compagni e più in generale sul clima della classe.

 

Una ricerca nazionale Eurispes - Telefono Azzurro rileva che il 23,6% dei ragazzi tra i 12 e i 18 anni è stato preso di mira da cyber bulli. Qual è la situazione nel nostro territorio?

Abbiamo avviato diverse indagini nelle scuole primarie, medie e superiori della provincia di Lucca e di Firenze. Nella nostra ricerca, su un campione di 769 ragazzi e ragazze di scuola superiore, il 29% dichiara di essere stata vittima e, in particolare, il 19% ha subito prepotenze online. Nello stesso campione il 35% dichiara di aver prevaricato sui compagni e il 18% di aver usato il web a questo scopo. Nelle scuole elementari e medie abbiamo misurato solo il bullismo tradizionale su un campione di 1350 studenti. Anche qui il fenomeno si configura come grave, con valori che oscillano tra il 30% e il 50%.

 

Le statistiche rilevano che il fenomeno interessa un numero sempre maggiore di ragazze. Come si differenziano i comportamenti delle adolescenti rispetto ai coetanei maschi?

Nel cyber bullismo le ragazze hanno un ruolo sempre più attivo. Le aggressioni indirette e sociali, da sempre tipiche delle ragazze, trovano nei social network e nelle nuove tecnologie un facile mezzo di diffusione. Le adolescenti possono esprimere il loro bisogno di dominanza aggregandosi in bande, escludendo o diffamando i compagni o le compagne. Un altro aspetto di differenziazione riguarda le forme attraverso le quali si manifesta il comportamento del bullo: i maschi preferiscono le minacce, le foto, i video che costituiscono un attacco più diretto alla vittima, le ragazze preferiscono i messaggi scritti e i comportamenti di esclusione dai gruppi online.

 

Che ruolo può avere la famiglia nella prevenzione?

Nei più piccoli i genitori svolgono una funzione molto importante. E' fondamentale che in famiglia vi sia la consapevolezza delle potenzialità, dei rischi e di ciò che si può fare in rete. Questo aiuta anche il processo educativo. Ad esempio sappiamo che, di per sè, proibire l'uso del cellulare o del computer non serve. Parlare di queste problematiche e mantenere una buona comunicazione può invece proteggere i figli, favorire la denuncia e far sì che i ragazzi proteggano le proprie informazioni e quindi se stessi online. I genitori devono incoraggiare i loro figli a intervenire o a chiedere aiuto quando sono testimoni di cyberbullismo. Questo può includere il sostegno alla vittima e la comunicazione del comportamento agli adulti o alle autorità.

 

Cosa può fare la scuola invece?

E' fondamentale in questo contesto il coinvolgimento diretto dei ragazzi. Le iniziative da attivare possono essere diverse. Alcune possono essere finalizzate a conoscere le conseguenze legali e i rischi penali derivanti dalle azioni di cyber bullismo, altre a sviluppare le competenze necessarie alla sicurezza e alla protezione personale. I giovani hanno bisogno di imparare i principi della "netiquette" cioè della "comunicazione corretta in rete"e capire che queste norme si applicano sia nella vita reale che online. Proprio
nelle scuole, in questi anni, abbiamo verificato la validità di un progetto, elaborato dal nostro team, dal titolo  "Noncadiamointrapppola". Il principio cardine da cui siamo partiti è di non demonizzare, ma anzi avvalerci delle nuove tecnologie (http://www.squarciagola.net/cyberbullismo/)  nel promuovere comportamenti positivi e contrastare le  prevaricazione tra pari. Il modello prevede la partecipazione dei ragazzi con azioni portate avanti sia on line che nel mondo reale, puntando a far sì che gli studenti non siano solo i meri destinatari dell'intervento, ma i promotori tra i propri pari di un reale cambiamento. Il risultato è stato una riduzione dei fenomeni con un effetto variabile tra il 2%  e il  25% dei casi di bullismo e vittimizzazione. Il paradigma è stato validato anche a livello internazionale con esito positivo ed è valso l'inserimento del nostro team nella rete scientifica dei programmi "evidencebased ", oltre che l'invito a presentare pubblicamente la nostra esperienza in dibattiti o all'interno di pubblicazioni scientifiche.

 

Quali saranno le prossime tappe dell'attività di ricerca dell'Università di Firenze sul bullismo?

Nei prossimi mesi avvieremo un nuovo progetto europeo (Daphne 2012 - EuropeanCommission - Directorate-General Justice) che prevede la sperimentazione in parallelo in 6 paesi - tra cui il nostro - del modello "Cybermentor EU". Si prevede l'attivazione di una forma di supporto virtuale a cura di giovani volontari (cybermentori)  reclutati attraverso azioni di sensibilizzazione nelle scuole e nelle università. Infine, il 5 marzo, organizzeremo in rettorato un convegno dal titolo: "La prevenzione del comportamento aggressivo:cosa funziona, cosa non funziona e perché?"in cui verranno messe a confronto diverse esperienze europee e valutata la loro efficacia nel ridurre i comportamenti di bullismo e di violenza a scuola.

(rp)

 

 
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