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Associazione Angolana Njinga Mbande

Prosegue il viaggio all’interno delle realtà associative studentesche che animano l’Università di Firenze. Protagonista di questo numero del Notiziario è l’Associazione degli studenti angolani, nata nel 2005 e attiva con iniziative culturali. Ne parliamo con il presidente Matias Mesquita.

Quando è nata l’Associazione “Njinga Mbande” e da dove trae origine il nome?

L’Associazione degli studenti angolani è nata il 4 aprile 2005. Njinga Mbande è il nome della regina che nel XVII secolo governava l’Angola di allora, i regni di Ndongo e Matamba, estesi come la Toscana di oggi. È passata alla storia per aver lottato duramente e a lungo contro la tratta degli schiavi gestita dai Portoghesi. Un padre francescano ha scritto la sua biografia. L’Associazione è nata dall’iniziativa di 3 studenti angolani che per far conoscere la diaspora angolana e per mantenere i rapporti con il paese d’origine avevano fondato un centro di documentazione di studi sull’Angola nel 2004.

Con quali finalità vi siete associati?

Oltre alla diffusione della storia e della cultura angolana, ci siamo soprattutto preoccupati di offrire assistenza agli studenti angolani. Come accade molto spesso nelle associazioni di studenti stranieri, chi ha già affrontato delle difficoltà all’arrivo in Italia, si preoccupa di aiutare i suoi connazionali per evitare loro i problemi più prevedibili. Anche se gli angolani, parlando il portoghese, almeno dal punto di vista linguistico, sono più avvantaggiati di altri. E così anche noi angolani abbiamo prima di tutto pensato ai nostri connazionali, e poiché i problemi sono comuni a tutti gli stranieri ci siamo attivati per aiutare tutti gli studenti che arrivano a Firenze per studiare.

La vostra associazione può vantare ben sette anni di attività. Quali sono state le esperienze più significative?

Alcune iniziative si sono trasformate in veri e propri servizi. Ad esempio gestiamo lo “Sportello Mosaico Interculturale” dedicato all’accoglienza degli studenti stranieri, Erasmus compresi. Attraverso questo sportello ci si può informare sui servizi offerti agli studenti dalla città, dall’Università e dalle associazioni studentesche. Lo sportello, diventato una struttura vera e propria, è stato punto di riferimento anche per ricerche scientifiche sulla condizione dello studente straniero. Abbiamo ad esempio partecipato ad una ricerca sulla vita dello studente straniero condotta dalla professoressa Giovanna Ceccatelli Gurrieri della Facoltà di Scienze della Formazione insieme alla Regione Toscana che ha coinvolto 12 persone di 12 paesi diversi.
Dal 2 all’8 marzo, ogni anno, organizziamo una settimana dedicata alle donne in collaborazione con il Diritto allo Studio Universitario (DSU) Toscana, la Biblioteca delle Oblate, e l’Assessorato alle Pari Opportunità del Comune di Firenze. In passato abbiamo anche lavorato insieme al Comitato Pari Opportunità dell’Ateneo.
Da anni inoltre rappresentiamo un punto di riferimento per il DSU per le iniziative promosse alla casa dello studente "Calamandrei", dove abbiamo portato gruppi di danza e organizzato festival, e per offrire supporto nella risoluzione delle problematiche con gli studenti alloggiati. Dal 2002 al 2010 ci siamo occupati della gestione della sala cinema e della relativa programmazione.

A proposito di film, recentemente avete anche partecipato ai 50 giorni di cinema internazionale all’Odeon…

Esattamente. Abbiamo organizzato il KIBAKA Florence Festival Cinema Africano, giunto quest’anno alla II edizione, ospitato anche quest’anno all’Odeon all’interno dei 50 giorni. Il festival nasce proprio dall’esperienza e dalla competenza maturata alla casa dello studente. I film sono stati scelti da studenti italiani e africani, con l’obiettivo ben preciso di mostrare un Africa diversa da quella mandata in onda dalla Rai durante i mondiali 2010, quando è stata mostrata una periferia del Sudafrica, o da quella classica del bambino del Burkina Fasu che muore di fame. Esiste anche un’altra cinematografia africana per fortuna, quella che mostra un’Africa fatta di persone che si alzano la mattina per andare a lavorare.

Cosa è cambiato in questi anni e che cosa è rimasto immutato, secondo te, in questi anni nella vita dello studente straniero a Firenze?

La mia impressione è che permanga ancora l’idea di assistenzialismo, soprattutto quando gli studenti stranieri sono considerati come “testimoni” da intervistare per fare delle indagini sulla loro condizione e sui servizi che si offrono loro e non invece come “protagonisti” attivi della vita universitaria. Senza ombra di dubbio l’assistenza e i servizi sono fondamentali perché il permesso di soggiorno è il problema principale dello studente straniero, ma è anche importante che gli studenti stranieri siano considerati non solo passivi fruitori di servizi ma protagonisti attivi fornitori a loro volta di servizi, risorse preziose per la comunità accademica. Sicuramente molti passi in avanti sono stati fatti – ad esempio attraverso i bandi del DSU che selezionano studenti stranieri cui affidare compiti di mediazione culturale – ma rimane il fatto che non esiste una politica precisa per gli studenti stranieri come esiste invece per gli studenti Erasmus. Rimane costante infine la grande apertura mostrata dai docenti nei confronti degli stranieri. (gg)

 
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