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La città ecosostenibile degli studenti di Ingegneria

A chi spetta progettare le città del futuro? Nelle aule della Facoltà di Ingegneria nascono idee per riqualificare le aree urbane dismesse e crescono i futuri professionisti di un’edilizia rispettosa dell’ambiente e del contesto sociale e culturale in cui deve essere inserita.
L’occasione è quella offerta dai corsi “Progettazione urbanistica” e “Progettazione urbanistica ecosostenibile” tenuti da Dimitra Babalis - nominata nel 2006 dal Consiglio d’Europa esperta in materia di ecosostenibilità - che da qualche anno propone agli studenti della laurea magistrale in “Ingegneria edile” lo studio della riqualificazione urbana di ex caserme.


Perché proprio le vecchie caserme, professoressa Babalis? E su quale hanno lavorato gli studenti quest’anno?
Le aree come la caserma Donati, nel comune di Sesto Fiorentino, che abbiamo analizzato quest’anno sono interessanti perché hanno grandi potenzialità di riqualificazione sulle quali gli studenti possono ragionare ed esercitarsi per esprimere le potenzialità di un vasto spazio, come quartiere con residenze, scuole, servizi, che soddisfi le esigenze del territorio.
Gli allievi degli anni precedenti hanno lavorato sulla caserma di San Salvi e la Predieri, a Firenze, e la caserma dei “Lupi di Toscana” a Scandicci. Su queste grosse aree gli studenti lavorano per un anno presentando progetti che potrebbero diventare per i Comuni del territorio una risorsa per pensare la città del futuro. Una città che riqualifica in modo innovativo ciò che è già esistente, creando quartieri ecologici che soddisfino le esigenze degli abitanti ma anche dell’ambiente. Quartieri dove la qualità della eco-forma urbana garantisce la compattezza di masterplan, la mobilità sia studiata per facilitare gli spostamenti pubblici, pedonali e su due ruote e dove gli alberi e gli altri elementi naturali siano integrati nell’ottica del risparmio energetico e della mitigazione degli agenti atmosferici, come accade nelle città del nord Europa.
La caserma Donati presenta limiti e sfide interessanti per dei futuri ingegneri: la vicinanza con la futura TAV, la ferrovia, il tratto autostradale Firenze-Prato e il polo universitario di Sesto Fiorentino e l’isolamento dal resto del Comune.


Quali sono i criteri su cui si basa il lavoro dei gruppi?
L’obiettivo è quello di realizzare un progetto urbano ecosostenibile, che rispetti l’ambiente urbano preesistente, preveda un quadro generale di politiche e strategie strutturali di intervento e descriva le fasi di realizzazione dell’intervento. E’ importante che gli studenti capiscano concretamente come si fanno i progetti. Dalla definizione dei problemi alle varie scale di intervento, dai limiti e potenzialità del contesto, della forma urbana e delle sue funzioni, all’analisi di sintesi (che permette loro di sviluppare un ragionamento sugli aspetti sociali, economici e culturali del territorio, sugli spazi pubblici e l’ambiente fisico) tenendo conto del piano regolatore. Per poi entrare nel merito e proporre progetti ecosostenibili, disegnando e realizzando concretamente il masterplan, che poi tutti i gruppi hanno esposto in una mostra in Facoltà lo scorso giugno. 

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nella foto, la docente in prima fila con il gruppo di studenti fra i pannelli dell'esposizione

L’elemento che contraddistingue i suoi corsi è l’ecosostenibilità dei progetti …
Sì, per prima cosa impostando i lavori sul riadattamento a nuove funzioni di vecchi spazi e sulla previsione di un’adeguata suddivisione tra spazi pubblici e privati. E poi studiando già in fase di masterplan il microclima e lo status ecologico del sito, cioè i parametri ecologici e bioclimatici dell’area - il sole, il vento e l’umidità media - grazie al software “Weather tool” che fornisce i dati su Firenze. In questo modo gli studenti imparano a realizzare una proposta urbana che non guarda solo al singolo edificio ma all’interazione tra costruito e paesaggio, allo sviluppo del verde e di percorsi ecologici.


Come potrebbe essere in futuro l’area della ex caserma, inutilizzata dal 1999, lo spiega Marco Simoncini, 25 anni. “Una volta capite le esigenze della zona, verificati i servizi esistenti e quelli mancanti, ci siamo soffermati, fra l’altro, sulle soluzioni che permettessero la migliore ventilazione dei blocchi urbani con edifici a vantaggio del benessere degli abitanti. - spiega Simoncini, studente del secondo anno della laurea magistrale - Assieme ai miei compagni, Chiara Fiorenzani, Valentina Vazzosi e Cinzia Lazzara, ho studiato l’orientamento delle costruzioni e la disposizione del nuovo verde cercando le tipologie di alberi adatti alle varie condizioni ambientali e all’esposizione: alberi sempreverdi o caduchi disposti in modo tale da schermare i venti freddi dal nord e far passare quelli caldi da sud d’inverno e all’opposto contenere gli effetti delle correnti d’aria calda d’estate (nell’immagine di seguito il progetto del gruppo). Abbiamo anche inserito un bacino artificiale - prosegue Simoncini - perché le acque possano mitigare i venti caldi estivi. E poi tipologie di strade ecosostenibili, che favoriscono la mobilità in bicicletta, percorsi pedonali. Abbiamo lavorato un anno intero per studiare a tutto tondo il contesto e proporre il nostro progetto per una città migliore, più vivibile, esaltando le caratteristiche di uno spazio non più utilizzabile per le funzioni originarie.

 

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E l’importanza di una visione a 360° gradi del contesto emerge anche dalle parole di Ilaria Tortorella, collega di corso di laurea. “Un contesto particolarmente significativo e concreto per me, che abito vicino a Sesto Fiorentino - racconta Tortorella - Il piano che ho fatto assieme a Pamela Tarducci e Gabriele Alessandri sulla caserma Donati ci ha permesso di unire i valori legati alle opportunità del territorio con gli aspetti energetici. E’ stato un lavoro creativo che ci ha permesso di sviluppare una competenza spesso ritenuto secondaria per l’ingegnere: quella umanistica. Abbiamo realizzato un progetto urbanistico che non tiene conto solo degli aspetti tecnici, funzionali ed energetici degli edifici, come compete a un ingegnere edile - chiarisce Tortorella - ma che ci ha permesso di sviluppare la sensibilità e la relazione con gli elementi umani e culturali. Durante i corsi ho acquisito un bagaglio di competenze e una visione più ampia e rispettosa dell’ambiente e del territorio, come quella che hanno i miei ‘colleghi’ che studiano all’estero, e che senz’altro influirà sul mio modo di essere ingegnere.” (sd)

 

 
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