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Un'indagine sull'area del Saharawi

Indagine in SaharawiLa chiave del futuro sviluppo del popolo Saharawi possono essere le risorse naturali del territorio. Proprio quel territorio che la popolazione dell'ex colonia spagnola del Sahara occidentale rivendica dal vicino Marocco, nell'ambito di una difficile vicenda internazionale, di cui si attende da lungo tempo definizione con un referendum sotto la vigilanza dell'ONU.

Una ricerca del Dipartimento di Scienze della Terra - svolta in collaborazione con l'Associazione di Solidarietà con il Popolo Saharawi "Ban Slout Larbi" e finanziata dalla Società autostrade S.p.A. - per la Repubblica Araba Saharawi Democratica (RASD) offrirà elementi utili per stabilire se il suolo dell'area offre possibilità di sfruttamento economico e se si possano creare così le condizioni per riportare nel territorio originario la popolazione che, in grande maggioranza, vive attualmente in campi profughi situati in Algeria.

"Nei territori del Sahara occidentale occupati dal Marocco furono rinvenuti importanti giacimenti di fosfati già prima dell'occupazione marocchina del 1975, assieme ad importanti giacimenti di ferro - spiega Sandro Moretti, docente di Geografia fisica e geomorfologia, responsabile del team che ha condotto le ricerche - Abbiamo lavorato per la nostra indagine usando sia dati da satellite che campioni prelevati sul territorio". Un'impresa niente affatto semplice, quest'ultima, come conferma Andrea Ciampalini, dottore di ricerca che ha personalmente svolto la missione nel Saharawi, nell'area a nord della città di Tifariti, lungo il margine meridionale del bacino sedimentario di Tindouf, ad est della Maroccan Ligne de defence, che fa parte dei territori liberati della RASD. Rimangono nella zona, infatti, ampie zone minate e residui bellici del conflitto recente che hanno richiesto la massima cautela.

"La ricerca si è concentrata sul fianco meridionale del bacino di Tindouf - continua Moretti - dove affiora una sequenza sedimentaria, di età che vanno dall'Ordoviciano al Carbonifero Inferiore, e che comprende arenarie, siltiti e calcari, oltre ad alcuni imponenti reef carbonatici". I dati telerilevati sono stati utilizzati per una carta geologica accurata della zona e incrociati con i campioni.
Lo studio ha mostrato l'utilità del telerilevamento nello studio di aree difficili da raggiungere e soggette a vincoli politici e logistici, come i territori liberati del Sahara Occidentale. In particolare, è stato possibile realizzare, una carta geo-litologica dell'area di indagine alla scala 1:100.000, con un notevole aumento di dettaglio rispetto alla cartografia fin ora disponibile. Il complesso magmatico precambriano e la successione sedimentaria del Bacino di Tindouf sono stati mappati portando alla definizione di tredici "unità foto-litologiche", compresi i depositi alluvionali ed eolici.

"Con la metodologia utilizzata - continua Moretti - è stato possibile individuare una vasta area nei territori della RASD, in cui sono presenti depositi sedimentari di età devoniana contenenti minerali ricchi di ferro (ematite, goethite, siderite). La spedizione effettuata sul campo ha poi confermato la validità delle osservazioni fatte sull'immagine e dei risultati ottenuti con il telerilevamento. Uno studio mineralogico di dettaglio e l'utilizzo di dati multispettrali ad alta risoluzione spaziale potrebbero ulteriormente migliorare il risultato - nota Moretti - consentendo una più precisa delimitazione delle aree interessate dai giacimenti, oltre a mettere in evidenza le caratteristiche spettrali tipiche di altri minerali estraibili".

I risultati raggiunti in questo lavoro di ricerca sono in fase di pubblicazione e saranno presentati alla comunità scientifica internazionale attraverso articoli scientifici su riviste internazionali. E' inoltre in corso la realizzazione di un manuale operativo corredato di cartografia, che potrà diventare strumento consultivo ed operativo per successive ricerche sul campo anche ad opera della popolazione locale.
"La possibilità di conoscere il proprio territorio anche dal punto di vista minerario - conclude Sandro Moretti - rappresenta per la popolazione locale un importante passo avanti per la presa di coscienza delle proprie risorse e potenzialità, in modo che possano essere poste le basi per la gestione e lo sfruttamento di tali risorse". (am)

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