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Le patologie cerebrovascolari degli anziani

 

Domenico Inzitari, Università di FirenzeL'invecchiamento della popolazione e le malattie ad esso collegate sono una della principali emergenze sanitarie e sociali delle società occidentali e le linee di ricerca attive su questo argomento sono numerose. Due di esse, di assoluta rilevanza internazionale, fanno capo al Dipartimento di Scienze neurologiche e psichiatriche e riguardano l'impatto delle patologie cerebrovascolari per quanto riguarda l'insorgenza della disabilità negli anziani. Ne parliamo con Domenico Inzitari, che le ha ideate e le coordina, nell'ambito del gruppo di ricerca "Malattie cerebrovascolari" dell'Università di Firenze.

Di quali malattie vi occupate?
Di quelle che interessano i vasi che irrorano la parte profonda degli emisferi cerebrali: arterie di piccolo calibro che subiscono un processo di invecchiamento, accentuato se associato al diabete o all'ipertensione, che con l'età diventa un fattore di rischio sempre più alto e una delle cause principali della disabilità nell'anziano.

Quanti sono gli anziani interessati dal decadimento legato a problemi cerebrovascolari?
Con la transizione demografica in atto ormai da decenni e il progressivo invecchiamento della popolazione, nei paesi occidentali e in Italia la quota di anziani si avvicina a un quarto della popolazione generale. Da alcune indagini epidemiologiche, tra cui quella da noi condotta anni fa nell'ambito del Progetto ILSA (Italian Longitudinal Study on Aging), finanziato dal CNR, circa il 40% degli ultrasessantacinquenni ha le alterazioni vascolari cerebrali di cui ci occupiamo, seppure di grado variabile.

Da chi è composto il gruppo di ricerca fiorentino?
Oltre al sottoscritto, da neurologi e neuroradiologi appartenenti sia all'Università che al Servizio Sanitario regionale. Voglio citare in particolare il dott. Leonardo Pantoni, dirigente ospedaliero, che coordina i gruppi europei coinvolti in LADIS, il primo dei nostri progetti di ricerca, e il prof. Mario Mascalchi, ordinario di Radiologia.

Quali sono le evidenze più importanti emerse dalle vostre ricerche?
Le alterazioni delle strutture profonde degli emisferi cerebrali dovute alla sofferenza dei piccoli vasi vengono identificate con le moderne tecniche di neuro immagine (risonanza magnetica) come aree iperintense, confluenti o diffuse e prendono il nome di leucoaraiosi, ovverossia rarefazione della sostanza bianca cerebrale (dal greco leukos = sostanza bianca, ed araiosis = rarefazione). Un termine più comprensivo che unisce la sofferenza del tessuto con le alterazioni della parete dei piccoli vasi è quello di leucoencefalopatia su base micro vascolare. Abbiamo dimostrato che quando sono di grado marcato, queste alterazioni possono predire negli anziani il passaggio, nell'arco di pochi anni dal momento in cui vengono evidenziate, dall'autonomia funzionale alla disabilità. Per disabilità si intende la necessità di essere assistiti in una o più funzioni della vita quotidiana, quindi un momento cruciale per la vita personale e per le ricadute di tipo sociale.

Lo studio, denominato LADIS (Leukoaraiosis And DISability), è stato finanziato dall'Unione Europea nell'ambito del V Programma Quadro ed è stato condotto da 11 centri di ricerca di 7 paesi membri, sotto il coordinamento del gruppo del nostro Ateneo, che ha ideato gli obiettivi della ricerca e addestrato gli altri team per la raccolta e l'analisi dei dati. A distanza di oltre 10 anni, questa collaborazione è ancora molto attiva e ha prodotto circa 50 pubblicazioni scientifiche apparse sulle maggiori riviste internazionali del settore.

Abbiamo esaminato complessivamente oltre 600 pazienti, inizialmente indipendenti nella vita quotidiana e con leucoaraiosi di gravità variabile. Tutti i soggetti sono stati seguiti per 3 anni con uno studio clinico e funzionale dettagliato che includeva test per la memoria e l'attenzione, prove di equilibrio e della velocità della deambulazione e valutazioni del tono dell'umore e della qualità della vita.

Già dopo un anno avevamo notato che i soggetti con le alterazioni più estese, sebbene autonomi all'inizio dello studio, avevano maggiori difficoltà nell'uso del telefono, nel fare la spesa e nel prendere autonomamente le medicine. I risultati sono stati pubblicati nel 2009 sul British Medical Journal [link all'articolo]. Lo studio è stato il primo a evidenziare nelle alterazioni cerebrovascolari profonde un nuovo determinante della disabilità delle persone anziane e il fatto che, attraverso l'individuazione di lesioni vascolari, possiamo predirne lo sviluppo. I soggetti che si sottopongono a risonanza magnetica potrebbero quindi beneficiare di trattamenti specifici dei fattori di rischio e delle malattie vascolari associate e potrebbe ridursi il numero di anziani disabili.

La seconda linea di ricerca?
Altre ricerche, che sono ancora in corso presso il nostro Dipartimento, hanno l'obbiettivo di valutare il ruolo di possibili fattori di rischio e dei meccanismi che contribuiscono alla variabile espressione fenotipica (clinica, funzionale, neurologica) della malattia dei piccoli vasi cerebrali e quindi della leucoaraiosi. Alterazioni simili si riscontrano in una malattia, denominata CADASIL (Cerebral Autosomal Dominant Arteriopathy with Subcortical Infarcts and Leukoencephalopathy), in cui le alterazioni dei vasi sono geneticamente determinate e che colpisce in genere soggetti più giovani. Questa può servire come prototipo per studiare meglio gli effetti aggravanti che fattori come fumo, ipertensione, diabete, ipercolesterolemia possono esercitare sulla patologia dei piccoli vasi cerebrali. Al progetto, finanziato come PRIN nel 2006 e nel 2011, partecipano, oltre all'Università di Firenze, l'Università di Siena, che si occupa della diagnosi genetica, l'Istituto di Neuroscienze del CNR di Cosenza, e le Università di Genova e Padova. Sotto indagine, un campione complessivo di 300 pazienti.

Vengono studiati in parallelo i pazienti anziani, con leucoencefalopatia microvascolare e pazienti e famiglie affette da CADASIL. L'indagine sui familiari di pazienti CADASIL che non hanno ancora sviluppato la malattia, ma che hanno la stessa predisposizione genetica, può consentire di capire quali fattori possono favorirne l'insorgenza e predirne la gravità.
Oltre a capire i meccanismi generali della leucoencefalopatia microvascolare e le differenze e le somiglianze fra le varie forme in cui può manifestarsi, puntiamo a migliorare la conoscenza relativa all'interazione tra fattori genetici e quelli ambientali.



C'è dunque un minimo comun denominatore vascolare tra una serie di patologie che portano al decadimento cognitivo?
Negli scorsi decenni sembrava che le demenze vascolari e la malattia di Alzheimer - anche questa con una forte incidenza nella popolazione anziana e un gravissimo impatto di tipo sia familiare che sociale - avessero cause diverse. Negli ultimi anni, anche grazie ai nostri studi, è emerso che il rischio dell'insorgenza dell'Alzheimer è più alto nei soggetti affetti da diabete, ipertensione e altri fattori di rischio vascolare. Senza contare poi che le due malattie sono spesso combinate e si potenziano esponenzialmente. Se possiamo identificare precocemente e trattare la malattia dei piccoli vasi cerebrali possiamo sperare di ridurre l'incidenza e di rallentare nel loro complesso le varie forme di decadimento cognitivo e di demenza.

La diagnosi precoce delle patologie legate al decadimento cognitivo è la strada maestra, ma queste ricerche mostrano anche altre evidenze su come possiamo prevenire i problemi legati al cognitivo declino funzionale della persona.
Certamente. Oltre alla predisposizione genetica, un ruolo di grande importanza riveste l'ipertensione arteriosa. In un'ulteriore ricerca, finanziata dalla Regione Toscana nell'ambito dei cosiddetti Progetti Salute (2009) e in collaborazione con il laboratorio diretto da Rosanna Abbate, professore ordinario nella nostra Università, stiamo studiando tra l'altro il ruolo di numerosi marcatori plasmatici della patologia micro vascolare cerebrale. Particolare interesse riveste il filone delle indagini sulla cosiddetta pre-ipertensione: alcune molecole (angiotensina II) legate ai meccanismi di regolazione della pressione arteriosa, iniziano a danneggiare molto precocemente sia le piccole arterie che il tessuto cerebrale, ancora prima che vengano a essere evidenziate le elevazioni della pressione arteriosa Questi dati potranno fornire indicazioni molto importanti verso una forma di prevenzione sempre più precoce del declino funzionale in età più avanzata nei soggetti che sono predisposti alla ipertensione arteriosa. (sd)

 
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